Le principali traslocazioni cromosomiche che coinvolgono il locus delle IgH nelle gammapatie monoclonali
01/06/2010
Gammapatie monoclonali di significato non determinato (MGUS)
(Ultimo aggiornamento: 25/07/2020)
Introduzione
Le gammapatie monoclonali di incerto significato o MGUS, Monoclonal Gammopathy of Undetermined Significance sono caratterizzate dalla presenza di una gammaglobulina (immunoglobulina, Ig) o di una catena leggera delle Ig prodotta da un singolo clone di linfociti B o di plasmacellule e, pertanto, migra in una zona omogenea all’elettroforesi sieroproteica avendo una catena pesante di un solo tipo e una singola catena leggera, kappa o lambda. Altra caratteristica fondamentale è l’assenza di qualsiasi altro processo neoplastico dei linfociti B e delle plasmacellule o di amiloidosi [1] Le MGUS scoperte solitamente in modo casuale, nell’ambito della batteria adi esami che il medico chiede di routine nel suo ambulatorio o in ospedale, (componente monoclonale) in assenza di sintomi e segni specifici di malattie linfoproliferative.[2]. Devono tuttavia essere considerate con sospetto poiché la trasformazione in mieloma o malattia può avvenire, in rari casi, anche dopo decine d’anni dalla scoperta della componente monoclonale (CM) [3, 4].
Nel corso degli anni le MGUS sono state variamente definite, tanto che in letteratura si conoscono oltre 30 sinonimi [2] : paraproteinemie, gammapatie monoclonali benigne, gammapatie monoclonali lantaniche o d’accompagnamento sono probabilmente le più note. In particolare, il termine di gammapatia “benigna” non dovrebbe essere utilizzato, potendo risultare fuorviante, dacché esiste un rischio definito, pari ad 1-1,5% annuo di trasformazione in mieloma multiplo o altra malattia linfoproliferativa . Anche se il termine MGUS sembra essere diventato il preferito, non è comunque l’ideale perché in molti casi la paraproteina un significato clinico ce l’ha e può produrre gravi sindromi pur essendo in concentrazioni minime nel siero e nelle urine, come avviene in certi casi di polineuropatia, di nefropatia o di danno a carico di altri organi [2]. Anche noi con Lichtmann preferiamo la definizione di gammapatie monoclonali essenziali [2], ma useremo quello di MGUS per semplicità. La principale ragione per seguire i pazienti con MGUS, praticamente per tutta la vita, è il loro rischio di progressione a MM sintomatico o malattie affini (amiloidosi primaria) o ad altra malattia linfoproliferativa (LNH, LLC, MW) [5].
Definizione di MGUS
Le MGUS sono definite dai seguenti tre criteri proposti nel 2003 dall’IMWG [6] e aggiornati nel 2014 [7]
- Presenza di una CM nel siero (non importa se IgA, IgG o IGM) a concentrazioni < 3 g/dL
- Plasmacellule midollari <10%
- Assenza di osteolisi, anemia, ipercalcemia ed insufficienza renale (i sintomi CRAB) e di altri “eventi definenti il mieloma” o di amiloidosi causati direttamente dal processo linfoproliferativo.
Le altre principali caratteristiche delle MGUS sono le seguenti [8]:
- Possibilità di progressione a MM o malattie affini (amiloidosi, m. di Waldenstrom, linfoma), che si verifica all’incirca nell’un percento dei casi per anno
- Assenza di discrasia plasmacellulare o altra malattia linfoproliferativa delle cellule B al momento della diagnosi iniziale
- Frequente coesistenza di malattie non neoplastiche di vario tipo (vedi tabella). Non è ancora chiaro se queste associazioni siano casuali, data la frequente diagnosi di MGUS nella popolazione di età >50 anni, la stessa fascia di età con una maggiore incidenza/prevalenza di gran parte di queste malattie “coincidental” [2], oppure se abbiano un nesso patogenetico attraverso [9-12]
Epidemiologia delle MGUS
Il 2-3% circa della popolazione adulta ha una MGUS nei paesi industrializzati [13-16]. L’incidenza è maggiore dopo i 70 anni [16] e negli afro-americani rispetto ai caucasici [17, 18].
Molte delle nostre conoscenze sulle caratteristiche cliniche, sulla storia naturale e sulla prognosi delle MGUS deriva dagli studi condotti negli USA da Kyle e coll. [5] che hanno seguito gruppi di pazienti per oltre 30 anni; simili conclusioni sono state tratte da studi condotti in Italia ed in altre regioni del mondo [13, 19, 20].
L’età mediana dei pazienti è 70-72 anni; il 60% circa dei pazienti ha più di 7 0 anni, mentre solo il 2% ha <40 anni . Per esempio, Crawford et al. [16], in uno studio che comprendeva 111 anziani, identificarono una CM nel 6% degli individui fra i 62 e 79 anni, nell’11% di quelli fra 80 e 89 anni e nel 14% degli ultranovantenni. (Vedere anche "Mieloma multiplo - Epidemiologia ed eziologia ")
Nello studio di Kyle e coll. [21] la concentrazione iniziale mediana della CM era di 1,3 g/dL. Il tipo della CM era: IgG nel 70%, IgM nel 15%, IgA nel 12% e biclonale nel 3%. La catena leggera era k (kappa nei due terzi circa) e l (lambda) nel restante terzo dei casi. Le Ig policlonali erano ridotte nel 38% dei casi. La percentuale mediana delle plasmacellule era del 3% (range 0-10%). Le catene k o l (lambda) erano presenti nelle urine nel 21 e 10% dei casi, rispettivamente. Soltanto il 17% dei pazienti aveva una proteinuria monoclonale >150 mg/24 ore. Anemia con Hb <12 g/dL o <10 g/dL era presente nel 23 e nel 7% dei casi, rispettivamente; in ogni caso l’anemia era causata da motivi diversi dalla proliferazione plasmacellulare. La concentrazione di creatinina nel siero era superiore a 2 mg/dL nel 6% dei casi, in tutti essendo attribuibile ad altre cause.
Diagnosi differenziale con il MM ed accertamenti diagnostici
A volte può essere difficile distinguere la MGUS dal MM al momento della presentazione iniziale. Per definizione la diagnosi di MGUS richiede l’assenza di anemia, ipercalcemia, insufficienza renale, osteolisi (i sintomi CRAB) e di qualsiasi altro evento definente il mieloma multiplo [6, 7]. Pertanto, la mera presenza di queste anomalie in pazienti con CM non implica automaticamente una diagnosi di MM o neoplasie affini, poiché esse possono essere sostenute da altre patologie concomitanti non correlate [6, 22, 23]. Per esempio, l’anemia può essere dovuta ad IRC in un soggetto diabetico e/o iperteso. Solo i pazienti le cui eventuali anomalie non possono essere ricondotte ad altre cause note sono considerati per una diagnosi di MM. Per confermare quest’ultima sarà necessario eseguire un emocromo e dosare la calcemia e la creatinina nel siero [6, 23]. Nel caso questi test siano anomali è necessario proseguire con ulteriori accertamenti per determinarne l’eziologia e stabilire un loro eventuale rapporto con il processo proliferativo plasmacellulare (tabella 2). L’agoaspirato midollare e/o la biopsia sono indicati in tutti i pazienti con CM >1,5 mg/dL, nei pazienti con MGUS non IgG, in quelli con abnorme rapporto delle catene leggere libere nel siero, nonché nei pazienti con anomalie dell’emocromo, della creatinina della calcemia o della radiografia scheletrica. In tutti gli altri pazienti la BOM può essere rinviata in quanto i pazienti con piccole CM possono essere agevolmente seguiti risparmiando una procedura invasiva [6]. Per esempio, nello studio di Kyle et al [5] già citato, il midollo fu esaminato all’inizio soltanto nel 12% dei pazienti. Tuttavia, altri autori ritengono importante effettuare una valutazione delle plasmacellule midollari fin dalla presentazione iniziale del paziente [24, 25], dando la preferenza alla biopsia midollare rispetto all’agoaspirato [25], anche al fine di escludere una plasmocitosi reattiva [26, 27].
Le concentrazioni sieriche di CM più elevate sono associate con una probabilità maggiore di neoplasia [28]. Una CM >3 g/dL per definizione indica un MM, ma alcuni dei pazienti possono avere un MM smoldering/asintomatico e rimanere stabili per un lungo periodo di tempo [20, 29, 30] oppure potrebbero avere un plasmocitoma solitario [7]. La riduzione delle normali Ig policlonali (“immunoparesi) è indicativa di neoplasia, ma è presente in alcuni pazienti con MGUS che rimangono stabili [4, 20].(Vedere anche "Plasmacitoma solitario - Definizioni e Manifestazioni cliniche ") La diminuzione di almeno una delle classe delle immunoglobuline è stata osservata in alcune casistiche fin nel 25% dei pazienti [23]. Elevate concentrazioni di CL nelle urine suggeriscono un processo neoplastico, anche se molti pazienti con modesta proteinuria di BJ, soprattutto se stabili nel tempo, possono rimanere asintomatici per anni [31].
Una percentuale di plasmacellule >10% è diagnostica di mieloma (smoldering o franco), anche se alcuni dei pazienti con queste caratteristiche hanno un decorso indolente [20, 29]. La morfologia della plasmacellule è di scarso aiuto, a meno che esse non abbiano una morfologia di plasmablasto (cioè con nucleoli), la quale favorisce una diagnosi di MM [32]. (Vedere anche "Neoplasie plasmacellulari - Introduzione ")
La presenza di osteolisi e di ipercalcemia suggerisce la diagnosi di MM, ma è necessario escludere metastasi da carcinoma. Allo stesso modo un’insufficienza renale non spiegata suggerisce un MM, ma se essa non è accompagnata da una significativa escrezione di CL o di altri segni di MM, è indicata una biopsia renale per confermare che l’IR sia causata effettivamente dal MM.
La tabella 1 riporta la classificazione delle neoplasie plasmacellualri secondo la WHO- La tabella 2 riporta i criteri diagnostici aggiornati per le MGUS e la tabella 3 i criteri diagnostici per il MMe il mieloma smoldering proposti dagli esperti dell’IMWG [6, 7]. La tabella 4 riporta i principali da eseguire in un paziente con gammapatia monoclonale.
Le concentrazioni sieriche di Il-6 sono elevate nel MM e normali nelle MGUS, ma il dato non ha utilità clinica nella diagnosi differenziale dei due disordini [33]. Anche le concentrazioni di b2microglobulina non sono utili allo scopo.
La RMN del cranio, colonna e pelvi è utile nella diagnosi differenziale fra MGUS e MM in pazienti con dolori ossei e Rx ossea standard normale. Nello studio di Bellaiche et al. [34] la RMN era normale nei pazienti con MGUS e anormale in circa l’ottanta percento di quelli con MM.
Se disponibile, il PLI, che misura la sintesi del DNA, è spesso utile [35]. Anche se un elevato PLI suggerisce fortemente la diagnosi di MM, un terzo dei pazienti con MM franco ha valori normali di PLI.
La presenza nel sangue periferico di plasmacellule con lo stesso isotipo della CM, depone per un MM, ma può essere presente in pazienti con MGUS [36] e nel mieloma smoldering [37, 38]. La determinazione del loro numero ha valore prognostico sia nelle MGUS che nelle altre neoplasie plasmacellulari [36, 37] che nel MM [39].
L’aumentata espressione di MIP-1a e di Il-1b nelle plasmacellule neoplastiche, oppure di RANKL (receptor activator of nuclear factor kappa B ligand) negli osteoblasti, e ridotti livelli di osteoprotegerina (il decoy receptor per RANKL), tutti sembrano favorire lo sviluppo di lesioni osteolitiche, la principale anomalie clinica che distingue il MM dalle MGUS [40-42]. Anche se queste anomalie sono utili per comprendere la biologia delle discrasie plasmacellulari e la progressione delle MGUS a MM [40-42], esse non sono utili per la diagnosi differenziale.
Citogenetica
La citogenetica convenzionale è generalmente normale nei pazienti con MGUS, probabilmente grazie al basso indice proliferativo ed al piccolo numero di plasmacellule nel midollo. Con metodi più sensibili è tuttavia possibile dimostrare molto frequentemente anomalie cromosomiche anche nei pazienti con MGUS [43].
Traslocazioni che interessano il locus 14q32 sono state osservate in circa il 50% dei pazienti con MGUS (tabella) . Il cromosoma partner può essere diverso; le traslocazioni più frequenti sono la t(11;14) che coinvolge il gene per la ciclina D1; la t(4;14) che interessa i geni FGFR-3 e MMSET; la t(6;14) che interessa il gene per la ciclina D3; la t(14;16) che coinvolge il gene cmaf e la t(14;20) che implica il gene mafB.
In aggiunta alle traslocazioni, altre anomalie strutturali (per esempio delezioni) e/o numeriche (monosomie, trisomie ecc.) sono di frequente osservazione nei pazienti con MGUS [43-46]. La FISH dimostra aneuploidia cromosomica in almeno il 50% dei pazienti con MGUS [47, 48].
L’importanza patogenetica delle anomalie cromosomiche è dimostrata dal fatto che molte di esse ricorrono con uguale frequenza nelle MGUS e nel mieloma [44, 49], suggerendo che esse sino in effetti anomalie genetiche primitive che anche se non sufficienti per indurre la trasformazione neoplastica, rendendo instabile il genoma favoriscono la coparsa di altre anomalie cromosomiche strutturali e/o numeriche che rendono irrversibile il processo di trasformazione della plasmacellula [44, 50].
Le anomalie cromosomiche non sono utilizzabili per la diagnosi differenziale fra MGUS e MM ma molte di loro indicano una'elevata probabilità di progressione [43, 47].
La figura all'inizio dell'articolo riporta l eprinciapli traslocazioni che hanno importanza per la prognosi.
Decorso clinico
Dalla discussione precedente risulta chiaro come non esista un singolo fattore in grado di identificare i pazienti con MGUS che hanno un decorso clinico benigno da quelli che prima o poi avranno una franca neoplasia. È pertanto necessario sottoporre il paziente a periodici controlli praticamente per tutta la vita. Nello studio di Kyle [5] prima citato, il 70% dei pazienti morì per altre cause. 115 pazienti (8,3%) svilupparono MM, MW, amiloidosi o un’altra malattia linfoproliferativa. La probabilità cumulativa di progressione ad una delle suddette condizioni a 10, 20 e 25 anni era rispettivamente 10, 21 e 26%, con un tasso di progressione di circa 1% all’anno. Il numero di pazienti che svilupparono un MM era 7,3 volte quello atteso nella popolazione generale. Il rischio di sviluppare MM, MW amiloidosi o linfoma era aumentato di 25, 46, 8,4 4 2,4%, rispettivamente. Durante il follow-up 32 pazienti (il 2,3%) presentava una CM >3 g/dl o plasmacellule >10% senza peraltro sviluppare un franco MM; è probabile che molti di questi pazienti avrebbero sviluppato un MM franco se fossero sopravvissuti abbastanza per farlo. In sei pazienti (0,4%) la CM scomparve senza spiegazione plausibile. In 39 pazienti la CM scomparve dopo terapia per MM, MW o altra malattia (piastrinopenia idiopatica, vasculite). La sopravvivenza mediana è più breve nei pazienti con MGUS (13,7 anni contro 15,5 anni della popolazione generale) [53]. L’intervallo mediano fra la diagnosi di MGUS e una di queste complicanze è di circa 10,4 anni (range 1-32 anni).Anche in altri studi sono stati osservati simili tassi di progressione [13, 15, 54-56]. Nell’esperienza di Veneri et al.[57] su una popolazine di 633 pazienti italiani la progressione a 5, 10 e 15 anni era rispettivamente 9, 17 e 51%. Cesana et al. [24] in un gruppo di 1231 pazienti anch’essi italiani riportano tassi di progressione a 10 e 15 anni del 14 e 30%.
In alcuni casi la PM, qualora abbia attività anticorpale può dare segno della sua presenza attraverso la comparsa di segni e sintomi che possono richiedere l’inizio del trattamento anche in assenza di un franco MM. È il caso per esempio delle polineuropatie associate a PM, che si osservano nel10-15% dei casi di MGUS e sono la conseguenza della attività antimielina della componente monoclonale [8, 58]. Altri antigeni conto i quali la PM può dimostrare attività specifica anticorpale sono il fattore di von Willebrand, la tireoglobulina, l’insulina, il destrano, numerosi antibiotici [8]. La PM può anche legare il calcio e altri ioni del plasma, causando fittizie anomalie dei risultati di laboratorio [8].
Fattori prognostici di progressione
Non vi sono dati che consentano di identificare con precisione quell’un per cento di pazienti che ogni anno progredisce da MGUS a MM [5, 53]. È generalmente unanime il riconoscimento che c’è un basso rischio di progressione se la CM è <1,5 g/dL, se le plasmacellule <5%, le Ig policlonali sono normali, la BJ è assente, se la VES è < 40 mm/ora [24, 59].
Le concentrazioni d CM sembrano avere significato prognostico [5]. La progressione a MM a 10 anni era 6, 7, 11, 20, 24, e 34 percento per valori di CM 0.5, 1.0, 1.5, 2.0, 2.5, e 3.0 g/dL, rispettivamente. Le CM di tipo IgA o IgM hanno un aumento rischio di progressione rispetto ai pazienti con IgG (p= 0,001). Tuttavia, autori italiani hanno recentemente osservato che i loro pazienti con MGUS IgM avevano una sopravvivenza aumentata rispetto alla popolazione di controllo .
Proteinuria di BJ
La probabilità di progressione è maggiore nei pazienti con BJ idiopatica anche in assenza di altri segni di MM [31].
Cl monoclonali libere
In uno studio retrospettivo un anomalo rapporto k/l conferiva un rischio significativamente maggiore di progressione (RR= 2,5; IC 95% 1,6-4) [60]. Le CL nel siero sembrano essere più sensibili rispetto alla BJ. Tuttavia, uno studio prospettico su 1148 non ha confermato questa osservazione [61]. Infatti, il RR era di 3,5 con IC95% = 2,3-5,5 rispetto ai pazienti con rapporto normale; l’effetto era però indipendente dalla dose e dal tipo della CM nel siero.
Modelli di stratificazione del rischio
È stato proposto un modello di stratificazione del rischio utile per la previsione del rischio della trasformazione delle MGUS a MM. Il modello utilizza tre fattori [61]: CM > 1,5 g/dL, MGUS non IgG, abnorme rapporto delle CL nel siero. In questo modello il rischio di progressione a 20 anni per i pazienti con le varie combinazioni di fattori era:
- Tre fattori (MGUS ad alto rischio): 58%
- Due fattori (alto-intermedio): 37%
- Un fattore (basso-intermedio):21%
- Nessun fattore (basso rischio): 5%.
Marker di turnover osseo.
Nelle MGUS il turnover osseo è generalmente normale [62]. Un aumento dei marcatori nel tempo può significare una progressione a MM [62]. I pazienti con MGUS hanno un aumentato rischio di fratture vertebrali ma non nello scheletro periferico [62]. Le basi fisiopatologiche dell’osservazione sono ignote.
MGUS a IgM
Non è frequente, costituendo il 15-20% di tutti i pazienti con MGUS [5] ed il 30% di quelli con paraproteina IgM[57]. Nell’esperienza di Kyle non c’erano differenze di età, sesso, concentrazioni di paraproteine, catene leggere, incidenza di anemia o piastrinopenia nei pazienti con MGUS IgM [21], rispetto ai pazienti MGUS di ogni tipo [5].
Dopo un follow-up di 6,3 anni il RR di sviluppare un LNH era 15; mq quello per MW aumentava a 262, amiloidosi 16, LLC 6. Il rischio di progressione a LNH era direttamente correlato con le concentrazione della CM IgM ed era 14, 26, 34, e 41 percento per concentrazioni della CM di <0,5, 1,5, 2,0, e >2.5 g/dL, rispettivamente. Anche il rischio di progressione annuo era circa 1,5%. Il rischio persisteva anche dopo 20 anni di follow-up. All’analisi multivariata elevate concentrazioni di IgM e ipoalbuminemia alla diagnosi erano predittivi di progressione [63]. In uno studio italiano di 217 pazienti con MGUS IgM, le elevate concentrazioni nel siero di IgM, il sesso maschile e anemia erano fattori indipendenti predittivi di progressione [63]. Come abbiamo già ricordato, Gobbi et al. hanno osservato un vantaggio di sopravvivenza nei loro pazienti affetti da MGUS IgM rispetto alla popolazione generale.
Terapia
Le MGUS non richiedono terapia alcuna al momento della diagnosi. Possono fare eccezione alcuni rari pazienti con polineuropatia nei quali la plasmaferesi può essere di beneficio oppure casi di amiloidosi AL [8]. In questi casi è anche importante la diagnosi differenziale con la rara variante del mieloma nota come POEMS ( Polineuropatia, Organomegalia, Endocrinopatie, proteina Monoclonale,Skin cioè anomalie cutanee) e con l’amiloidosi AL o da catene leggere.
Conclusioni e raccomandazioni
Poiché i suddetti fattori di rischio non sempre sono utili nel singolo paziente per la diagnosi né a fini prognostici, è essenziale seguire periodicamente ogni paziente dopo aver compiuto la diagnosi differenziale fra MM, amiloidosi, linfoma o malattie affini [23, 64].Oltre all’anamnesi e all’esame obiettivo è necessario eseguire almenoi seguenti accertamenti: emocromo, calcemia, creatinina, ETF, IFE su siero, dosaggio delle Ig, es. urine standard. La radiografia dello scheletro e la biopsia osteomidollare sono indicate nei pazienti con CM >1,5 g/dL o con MGUS non IgG; in quelli con un abnorme rapporto della CL nel siero; nei pazienti con anemia, IRA, osteolisi o fratture patologiche. Se i suddetti test sono normali l’ETF deve essere eseguita entro sei mesi e poi ogni anno per tutta la vita (essendo il rischio annuo di progressione da 0,6 a 3,4% a seconda del livello iniziale della CM) in modo da diagnosticare precocemente la progressione della malattia prima dell’insorgenza di complicanze gravi come IRA o fratture patologiche [6, 23].
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