Tutte le cellule tumorali della variante africana del linfoma di Burkitt (con rare eccezioni) contengono copie multiple del genoma del virus di Epstein-Barr (EBV). Il virus persiste innanzitutto nei linfociti B memoria, alcune delle quali, sopravvissute alla selezione antigenica nel centro germinativo, acquisiscono la capacità di sopravvivere per sempre in condizioni altrimenti ostili alla maggioranza delle cellule non infette. L’infezione in età precoce è stata suggerita come un fattore importante per lo sviluppo del linfoma di Burkitt della varietà africana. Le cellule EBV+ del linfoma di Burkitt, nonostante la presenza del virus, sono in grado di sfuggire ai meccanismi di controllo e di sorveglianza del sistema immunitario. EBV in vitro stimola la proliferazione e causa l’immortalizzazione dei linfociti B. In colture cellulari EBV è un potente virus trasformante dei linfociti B e li converte in linee cellulari linfoblastoidi con infezione latente. Le prove fin qui accumulate indicano l’importanza dell’enzima (Activation Induced Citosine Deaminase (AICDA), indotto dalla malaria, da HIV e altri patogeni nei linfociti B, come il fattore più rilevante per la comparsa di lesioni genetiche trasformanti, mentre EBV sembra svolgere, più probabilmente, un ruolo nella prevenzione dell’apoptosi in queste cellule geneticamente modificate. AICDA, oltre ad essere indispensabile per il cambio di classe (switching) delle immunoglobuline e dell’ipermutazione somatica, stimola anche la traslocazione dell’oncogène MYC. Mutazioni aggiuntive di altri gei possono contribuire alla comparsa del linfoma di Burkitt.
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